Caccia ai satelliti con una Texas SR-52

Qualche giorno fa mi è stato chiesto quale fosse il mio primo “computer” e la mia risposta ha un po’ sorpreso il mio interlocutore: una Texas SR-52.  Il suo sguardo aggrottato tradiva un certo scetticismo quando ha capito che mi riferivo a una “calcolatrice”. E certo, nell’epoca in cui misuriamo i dati in petabyte, la cosa fa sorridere.

Ma per dare un’idea di cosa potesse rappresentare, per un diciassettenne liceale degli anni ’70 un po’ fuori dagli schemi – quale io ero – mi piace ricordare un esempio concreto.

icom ic-202

Sono stato attivo nelle comunicazioni amatoriali via satellite nella seconda metà degli anni ’70. All’epoca erano operativi due satelliti costruiti dall’Amsat, di cui ero socio, l’Oscar-6 e l’Oscar-7, e due satelliti russi R/S-1 e R/S-2 (Radio Sputnik), tutti in orbita polare bassa (LEO), praticamente circolare. L’attività via satellite in quegli anni era una sfida, sia per le attrezzature – già l’uplink in SSB a 144 MHz non era banale – sia per il tracking. Per usare i satelliti LEO bisogna sapere quando passano e come si muovono sulla volta celeste, perché vanno strettamente inseguiti per mantenere il contatto radio.

Io operavo nel cosiddetto modo “A”: trasmettevo in 144 MHz con un IC-202E come exciter, seguito da un piccolo lineare da 40 W e da un’antenna Tonna 2×4 a dipoli incrociati in polarizzazione circolare; ricevevo in 28 MHz con il mio fido TS-120 – sono sempre stato un amante delle basse potenze.

Il tracking, in quegli anni, si faceva in maniera approssimativa con un metodo grafico: su una mappa polare si sovrapponeva una “traccia” caratteristica disegnata su acetato, con due riferimenti – il polo e l’EQX, ossia il punto di attraversamento dell’equatore da sud a nord – ricavati dalle effemeridi pubblicate mensilmente da Radio Rivista.
Successivamente, un’altra griglia, sempre su acetato e centrata sulla posizione della stazione a terra, permetteva di risalire alle coordinate altazimutali nei vari momenti del passaggio.

tarcking graficao

L’operazione era piuttosto laboriosa e richiedeva calcoli preliminari per determinare l’EQX di ogni orbita a partire dalle effemeridi, che si presentavano in un formato simile a questo:

Satellite: AO-07
Catalog number: 07530
Epoch time: 14111.80120370
Element set: 27
Inclination: 101.4753
deg RA of node: 192.2019 deg
Eccentricity: 0.0011672
Arg of perigee: 207.8808 deg
Mean anomaly: 270.9515 deg
Mean motion: 12.53715920 rev/day
Decay rate: -2.2e-07 rev/day^2

Operare via satellite richiedeva dunque competenze non banali. In Italia, un divulgatore d’eccezione di questa disciplina fu il caro e compianto amico Domenico Marini, I8CVS.
Dalle pagine che curava su Radio Rivista non si limitava agli aspetti pratici: spiegava in modo chiaro e professionale concetti e meccanismi dell’attività via satellite, e i suoi scritti sono stati un punto di riferimento per tutti gli appassionati, e non solo nel nostro paese.

Fu proprio leggendo quelle pagine che mi venne l’idea di automatizzare il calcolo del tracking: prima in Fortran, sull’HP3000, con un programma che partendo dalle effemeridi calcolava le orbite utili e ne stampava le coordinate altazimutali relative alla mia stazione; poi, come sfida personale, cercai di “impacchettare” l’algoritmo nelle limitate capacità della Texas SR-52, che nel 1977 era l’unico dispositivo programmabile alla mia portata. Il mio primo vero computer (un DAI, per la cronaca) sarebbe arrivato tre anni dopo.

Il risultato fu il programma SAT che, in tre segmenti (la SR-52 aveva giusto 255 passi di programma e 20 memorie), partiva dalle effemeridi e arrivava a dare in tempo reale il tracking di una singola orbita. Visto oggi probabilmente è da considerare un grande “accrocco”, ma funzionava, e pure bene.

Domenico mi invitò a presentarlo al primo simposio di Amsat Italia, all’Istituto Nautico di Torre del Greco, insieme ad altri relatori, il 10 agosto 1979 – a quel tempo il codice era già giunto alla versione 9. È il motivo per cui, oltre alle “schede programma”, che conservo per tutta la mia produzione di quel periodo, ne esiste anche una documentazione dettagliata.

Una piccola testimonianza di come quelli che oggi definiremmo “giocattoli” abbiano avuto un ruolo davvero importante in tanti settori, e per tante persone.

Chi fosse curioso, l’estratto dagli atti del simposio è nel pdf scaricabile da qui.

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