Le autostrade della conoscenza

di | 17 Febbraio 2013

Quando ho iniziato a lavorare nel settore delle reti telematiche, nei lontani anni ’80, la possibilità di inviare dati a distanza sembrava apparire quasi un atto di magia. Il mercato era ancora ai primordi, le apparecchiature rudimentali, le velocità ridicole ed inconcepibili per i tempi odierni – si andava a 300bit per secondo! – ma per coloro che maneggiavano quelle tecnologie erano chiare le prospettive strategiche di un settore dalle grandi promesse, ma ancora in uno stato del tutto embrionale.

Già in quei tempi io sostenevo che lo stato di progresso e di benessere di un dato territorio in futuro sarebbe stato in larga parte determinato dalla disponibilità di banda. Per me era chiaro, già allora, che la possibilità di stabilire interconnessioni telematiche immediate fra soggetti, ovunque questi fossero dislocati, costituiva un vantaggio competitivo di enorme valore. Cosa d’altro canto confermata dalla mia personale esperienza con la rete Fidonet: se il primo nodo europeo a sud dell’Olanda era potuto nascere nella piccola ed isolata città di Potenza, e non in una grande ed avanzata metropoli mitteleuropèa, era il segno chiaro ed incontrovertibile che la telematica era una tecnologia abilitante per importanti segmenti di mercato.

Negli anni queste cose sono diventate ben chiare ed evidenti agli occhi della gran massa della popolazione. La progressiva diffusione di internet, la sempre maggiore richiesta di connettività e di banda insite nel passaggio al Web 2.0 hanno fatto toccare con mano a tanti nostri concittadini che il concetto di digital divide è cosa purtroppo reale e concreta. Un ritardo tecnologico di grande impatto sia per il privato cittadino, ma soprattutto per le realtà imprenditoriali.

In effetti la situazione della nostra regione è ben poco invidiabile se, stando ai dati pubblicati in questi giorni, siamo al secondo posto nella classifica nera delle regioni con il più basso livello di copertura della banda larga, battuti solo dal Molise. In effetti quasi un quarto della nostra popolazione (il 22,8%) non è raggiunta dalla banda larga fissa, un rilevante 12,4% non ha connettività mobile, mentre ben il 10.4% non è raggiunto da nessuna delle due tecnologie.

Ma se scendiamo nel dettaglio possiamo facilmente scoprire che la situazione è ancora più grave: se in zone della città di Potenza, capoluogo di regione, si supera a malapena il Mbit/sec, nelle nostre vicinanze ci sono zone industriali coperte con solo da connettività a 620/256kbit/sec, tecnologia datata un paio di lustri.

In effetti è la stessa tecnologia ADSL ad essere obsoleta: strutturata per un tipo di traffico fortemente asimmetrico, quale era quello degli albori del web, ha una banda di upload inadeguata a supportare il progresso che vede, sempre più, ognuno di noi fornitore di servizi e contenuti multimediali. Il problema è che si tratta comunque dell’unica tecnologia a larga diffusione: la fibra ottica è disponibile su ambiti territoriali limitatissimi, mentre tecnologie più avanzate, come HDSL o VDSL, soffrono sia di ridotta copertura che di costi troppo elevati anche per un utilizzo professionale. 

La risposta più semplice a questo stato di cose è stato quello di utilizzare reti wireless. La Basilicata è stata una delle regioni in cui si è puntato sulle reti mobili, sia in ambito civile che professionale – scelta che personalmente considero indice di miopia e di mancanza di visione di assieme.
Le tecnologie wireless sono sicuramente valide per determinate categorie di utilizzatori, ma saranno sempre dei surrogati che non potranno mai in grado di sostituire in toto le reti fisiche. Le ragioni sono molte ed una analisi puntuale trascende le finalità di questo post, ma le più evidenti sono due: scarsa affidabilità intrinseca ed il fatto che la banda disponibile è condivisa fra più utenti. 

Per me è abbastanza evidente che le infrastrutture tecnologiche sono un segmento strategico per lo sviluppo di un determinato territorio. Ne consegue direttamente che in questo settore non è possibile lasciar fare al mercato. Per una azienda commerciale, che quindi bada solo ai propri profitti, le aree a bassa densità di popolazione, come la stragrande maggioranza di quelle lucane, non sono interessanti. Ma nella strategie di sviluppo del territorio la disponibilità di banda larga non è un lusso! E una tecnologia che, se correttamente supportata, è in grado di offrire concretamente nuove opportunità ad una popolazione affamata di lavoro. Ne consegue che questo è un settore in cui è necessario ed indispensabile un marcato e significativo supporto da parte del settore pubblico, Stato o Regione che siano.

Ora pare che qualcosa stia mutando. Ieri è stata diffusa la notizia che a fine mese il Ministero dello Sviluppo Economico darà il via ai bandi di gara per colmare in Italia il digital divide e portare la banda larga, cioé   almeno 2 Mbit/sec, al 100% della popolazione italiana. Contemporaneamente dovrebbero vedere la luce  delle reti di nuova tecnologia che, sempre stando al comunicato del ministero, saranno in grado di portare la banda ultralarga – da 30 a 100 Mbps – nelle case di almeno il 40% della popolazione di Basilicata, Calabria, Campania, Molise e Sicilia.

In questo momento particolare della storia della nostra nazione di annunci se ne fanno tanti, credo che mi consentirete un briciolo di scetticismo in materia. Peraltro, portare tata banda nelle case e nelle aziende ha come presupposto un serio miglioramento delle infrastrutture di supporto, il cosiddetto backbone, che al momento è già abbastanza scricchiolante. E certo non potrò mai dimenticare l’esternazione di un passato ministro della Repubblica, che di fronte al boom della connettività mobile, anziché premere l’acceleratore sull’adeguamento delle infrastrutture, preferì intimare a noi Cittadini italiani di limitare l’uso delle tecnologie, agitando come spauracchio il collasso dell’intero sistema.

La realtà, però, è sotto gli occhi di tutti, e forse proprio per questo è più difficile coglierla. La rivoluzione microelettronica continua a mutare la società nella quale viviamo, ed il mondo interconnesso di oggi è ben diverso da quello isolato di soli due lustri or sono.
La rivoluzione continua, non si ferma. Il mondo di domani sarà diverso da quello di oggi, e la chiave differenziale sarà costituita dalla disponibilità di risorse sempre più avanzate. La banda, parola chiave del nuovo millennio, costituisce già oggi l’autostrada della conoscenza, quella su cui passano le informazioni, i media, la musica, ma anche le nostre reti personali, nostre relazioni, la nostra storia, la nostra vita. Il domani ci riserverà molte sorprese, che oggi solamente intravediamo.

Il compito di una società attenta al futuro è quella di guardare al di là del proprio naso, di attrezzarsi al meglio per cogliere le opportunità che la tecnologia offre a chi è in grado di comprendere le sue potenzialità. In questo continuiamo ad essere indietro rispetto a paesi meno blasonati e con una storia ben più modesta della nostra.

Apriamo gli occhi, e teniamoli bene aperti. Ne va del nostro futuro.

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