se la montagna…

di | 1 Marzo 2013

Pur appartenendo al folto gruppo di italiani che non hanno mai fatto politica attiva, conosco abbastanza bene le regole (o forse sarebbe meglio dire i riti) che hanno sempre regolato il periodo che intercorre fra l’espressione del voto dei cittadini italiani e la formazione di un nuovo governo. Dopo una campagna elettorale come quella ora conclusasi, totalmente priva di contenuti e programmi, fatta solo di attacchi e di promesse disarticolare, è normale attendere il giusto tempo per consentire a posizioni così divergenti di sedimentare e trovare una strada per una intesa.
Temo, però, che questa volta l’attesa non porterà a risultati concreti. In altri tempi mi sarei detto che il teatrino di queste ultime ore era gioco di copertura per favorire accordi sotto banco, ma la situazione che stiamo vivendo è tutt’altro che usuale. Il peggiore dei nostri incubi pre-elettoriali, la mancanza di una maggioranza efficace, si è immancabilmente concretizzato ora che l’Italia, oltre a non trovare una formazione in grado di governare in entrambi i rami del parlamento, ha anche abbandonato lo schema bipolare per un inedito tripartitismo.

Per essere sincero, se non fosse per la preoccupazione per un futuro che continua a rimanere incerto, ci sarebbe proprio da dire era ora.  La classe politica che ha governato la nazione negli ultimi anni non solo ha scavato un solco sempre più profondo fra il loro mondo dorato e la realtà delle persone comuni, ma non ha colto (o voluto cogliere) i segnali che arrivano dalla base. Una cosa molto grave per chi fa politica, che è fatta da gente che ha il dovere di percepire ed interpretare gli umori delle persone che rappresentano. Il risultato concreto e tangibile è stato che la voglia di riscatto degli italiani ha smesso di incanalarsi nel non-voto, per fluire in larga parte verso la formazione che ha dato il maggiore segnale di discontinuità con il passato.

Io andavo dicendo da tempi non sospetti che dal cul de sac in cui ci eravamo ficcati con il porcellum non saremmo usciti in modo indolore. Abbiamo commesso l’errore di donare ai partiti il potere di nominare gli eletti, mettendo quella che è sempre stata una prerogativa dei cittadini nelle mani di leader di strutture verticistiche, senza almeno pretendere che venissero stabilite regole interne di democrazia.
Perché mai avrebbero dovuto rinunciare ad un potere così grande senza avere l’acqua alla gola?

Ora che i cittadini hanno dato un segnale inequivocabile in merito, le forze politiche sono obbligate a prendere atto di una situazione che era già ben chiara prima delle elezioni. Ma nelle oggettive condizioni di stallo decretate dal responso delle urne non è facile trovare il modo per dipanare il bandolo della matassa.
Non credo che l’Italia possa permettersi il periodo di  confusione istituzionale che si paventa. Il tempo delle discussioni c’è, ma le posizioni dei vari schieramenti sono fin troppo inconciliabili. Mentre, da una parte, per le vecchie formazioni qualsiasi cosa che assomigli anche lontanamente ad una replica del fallimentare governo Monti significherebbe scavarsi ancora di più la fossa con le proprie mani, dall’altra il M5S non ha alcun interesse a scendere sullo stesso piano dei vecchi partiti che ha per tanto tempo affermato di volere mandare a casa.

L’ipotesi su cui si discute di più è un governo di scopo del PD, fondato su una serie di punti su cui trovare un supporto in parlamento. Una intesa avente la finalità primaria di compiere quelle riforme necessarie ed indispensabili per chiudere il capitolo del passato, costruendo le basi per riformare (io direi, addirittura, rifondare) lo Stato. Un accordo che pure parrebbe possibile, a leggere alcuni parallelismi fra i programmi di M5S e PD, sebbene l’ipotesi sia stata chiusa, molto seccamente e senza mezzi termini, dal leader genovese.

In mancanza di orizzonti più alti e vista la situazione in cui versa la nazione, credo che un governo di scopo possa essere una buon viatico ai nostri mali. Consentirebbe di focalizzare l’attenzione del Parlamento sulla soluzione delle tante storture, legge elettorale innanzi tutto, e darebbe una mano a colmare il fossato scavato fra la politica ed i cittadini.
Se l’ostacolo insormontabile è costituito dalla posizione del M5S, che non è intenzionato a votare una fiducia alla vecchia guardia, perché mai non dovrebbe essere lecito pensare di ribaltare specularmente la situazione, dare un mandato al M5S per un governo di scopo e chiedere al PD il sostegno con le stesse condizioni al contorno? Per governare sarebbe sempre e comunque necessario l’apporto di entrambe le forze.

Se il fine ultimo di tutti è veramente costituito dal bene della nazione, è necessario e fondamentale mettere da parte i rancori. L’occasione che si è presentata per avviare le riforme di cui noi cittadini abbiamo uno straordinario bisogno è troppo preziosa per andare sprecata. Anche se dovesse essere il Profeta ad andare dalla montagna.

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