Le reti, oggetti strategici

di | 25 Settembre 2013

Riflettevo sul caso telecom.

E’ più di qualche lustro che vado dicendo che le sorti di un territorio saranno fortemente influenzate dalla disponibilità di ‘banda’. In effetti il tempo mi ha dato ragione. Nella nostra regione abbiamo, purtroppo, concreti esempi in negativo in questo senso. Penso, ad esempio, alle cosiddette ‘aree industriali’ a malapena raggiunte da vetuste 640/256kbit e dove, spesso, non c’è nemmeno disponibilità di coppie per l’attivazione di nuovi canali. E senza adeguati canali di comunicazione è evidente che oggi non si va da nessuna parte.

L’importanza delle reti dati è sempre stata largamente sottostimata dai nostri governi.
Ricordo le parole di qualche anno or sono (era il 6 luglio del 2010) del presidente di AgCom, Calabrò, che invitava gli Italiani a non acquistare troppi smartphone, perché il carico di tale ‘mole’ di dati avrebbe messo a rischio la rete (!).
Un paese moderno si dota per tempo di infrastrutture dimensionate in modo tale da sostenere lo sviluppo.
In effetti sono tanti i paesi ’emergenti’ che hanno investito sulle reti dati, finalizzate all’utilizzo delle nuove tecnologie in chiave di sviluppo.

La rivoluzione portata da un mondo ‘cablato’ pone chiunque sia connesso in modo efficiente sullo stesso piano. Che si viva al centro della Silicon Valley o in una landa rurale dell’interno della nostra regione, al giorno d’oggi non è più fondamentalmente importante. La tecnologia mette in grado di cogliere opportunità analoghe.
Sempre che ci siano i presupposti.  Ma le reti, come tutte le infrastrutture, richiedono investimenti; nel settore delle telecomunicazioni è noto che le somme investite rientrano solo dopo lungo tempo.

Gli investimenti finalizzati alla crescita di un territorio, quindi, NON possono essere gestiti con logiche di tipo privatistico. Non può essere il mercato, la convenienza economica, a stabilire come un determinato territorio debba essere servito. Sono scelte di tipo politico, che vanno prese nelle sedi pertinenti.

Ora, sul caso Telecom, dopo il primo sbandamento iniziale (è una azienda privata, non ci si può fare nulla), si inizia a ragionare con una maggiore attenzione al nocciolo del problema: le reti sono un elemento strategico per ogni nazione, a maggior ragione per una, come la nostra, che deve colmare un serio ‘gap’ tecnologico.
Non si può correre il rischio di spostare la ‘governance’ di un asset così importante per il nostro futuro ad una società straniera, radicata in un paese comunque in concorrenza con il nostro. I rischi sono troppo grossi, e noi non siamo nelle condizioni di rischiare.

Mi auguro maggiore attenzione su questo punto non solo dal nostro governo nazionale, ma anche dalla prossima ‘squadra’ regionale: soprattutto a colmare una progettualità in un settore ‘chiave’ quale questo, fino ad ora del tutto insufficiente.

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