Smart Governance

di | 15 Settembre 2013

smart-cities(segue da smart economy)

Tutto sommato mi sembra abbastanza ovvio che tutti gli elementi visti sino ad ora confluiscano in una amministrazione che abbia caratteristiche innovative. Quello che è meno banale è il determinare quali siano le tecniche di approccio innovativo alla gestione dei processi di un territorio.

Io personalmente partirei da un punto di partenza: si può amministrare bene, ed in questo caso in modo realmente intelligente, solo quello che si conosce a fondo. Ma, ho già citato Kaplan, si conosce e fondo solo ed esclusivamente ciò che si può misurare. E’ dall’analisi oggettiva che si può ricavare un modello di territorio a cui applicare strategie – politiche – e verificare l’efficacia delle stesse nel raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Ritengo che sia evidente che per potere misurare i processi di un territorio sia indispensabile sviluppare adeguatamente le tecnologie informatiche.  Una informatizzazione strutturata avrebbe come risultato collaterale anche quello di contribuire significativamente sulla semplificazione del meccanismo infernale della burocrazia italiana. Che, tradotto in soldoni, significherebbe minor lavoro, grattacapi e tempo speso per chiunque debba relazionarsi all’apparato pubblico e, quindi, minori costi per tutti.

Ma realizzare una informatizzazione strutturata non è cosa banale. Io in questo ambito sono un semplice osservatore esterno, ma da quanto vedo e leggo continuano a sussistere in ambito pubblico ancora grossi problemi di interscambio fra basi di dati diverse: E’ quella che viene definita interoperabilità, un principio per cu il Governo Italiano tracciò le prime linee guida già nell’anno 2000.
E’ evidente che la possibilità di integrare semplicemente (ed efficacemente) le basi di dati dei tanti organismi territoriali che operano su un determinato territorio offre agli amministratori strumenti di gestione, ma anche di analisi, potenti ed efficaci. Non solo: consentirebbe di implementare i tanto fantomatici sportelli unici, cioè un unico punto di interfaccia fra cittadino da un lato, e pubblica amministrazione, intesa nella sua interezza, dall’altra. Su questo punto, come sui i farraginosi meccanismi di interscambio via internet fra le amministrazioni ed i cittadini, ci sarebbe molto da discutere, ma andremmo decisamente fuori tema.
L’interoperabilità è un elemento chiave anche nell’ambito degli open data, di cui ho accennato parlando di smart economy. Poiché credo non valga la pena reinventare l’acqua calda, per comprenderne meglio l’importanza vi rimando ai concetti chiari espressi in merito su linkedopendata.it.

Putroppo i dati prodotti dalle amministrazioni (e, in tema di open data, anche da altri soggetti disponibili a condividere la propria conoscenza) sia pur integrati, spesso non sono sufficienti. Per avere una conoscenza del territorio, e per poter programmare interventi a ragion veduta, è necessario disporre di dati oggettivi rilevati sul campo.
Faccio un esempio. Affrontando il tema smart mobility abbiamo visto che la mobilità urbana ha una impatto rilevante sulla qualità della vita, e che i modelli prescelti devono essere flessibili ed in grado di adattarsi alle esigenze della popolazione. Questo implica che una amministrazione smart sia in grado di monitorare, in tempo pressoché reale, i flussi di mobilità all’interno del proprio territorio di competenza, e di reagire in modo dinamico e veloce al mutare delle esigenze.
Nell’ambito della mobilità urbana ricade anche la gestione dalla rete stradale. Anche in questo caso, il poter conoscere per tempo il fatto che un determinato asse vada approcciando i limiti progettuali di carico può consentire alle amministrazioni di predisporre per tempo soluzioni alternative, che spesso richiedono mesi o anni di lavoro, senza dover attendere che sia la congestione a fungere da sistema di allarme.

In un’ottica tradizionale l’operazione veniva fatta a mano. Credo che tanti di noi hanno notato gli omini che ogni tanto appaiono agli incroci, con un foglio in mano, ad annotare una per una le automobili che passano per una data via. Lo stesso accadeva con i box disposti su tutte le strade dell’ANAS, che periodicamente prendevano vita per le giornata di rilevazione.
Al di là dei costi di operazioni di questo tipo, la fotografia della realtà che se ne trae è scarsamente realistica, vista la sporadicità degli interventi di rilevazione.

In un ottica avanzata, e quindi smart, la rilevazione è continua ed affidata ad una rete di sensori. Come nel corpo umano, una rete di piccoli dispositivi interconnessi è in grado di rilevare continuamente una serie di dati essenziali. Oggi esistono sensori di tutti i tipi, in grado di rilevare ogni tipo di parametro, e capaci di discriminare le informazioni – distinguendo, ad esempio, un ciclomotore,  un’auto o un mezzo pesante. Come citavo in 5 cent per pzsmart, sensori possono essere installati sui mezzi pubblici per tracciarne la posizione ed informare l’utenza sui tempi di attesa. Sensori possono riportare continuamente lo stato della qualità dell’aria o la presenza di polveri sottili. Altri possono essere utilizzati per tenere traccia dei posti di parcheggio disponibili… su questa linea si potrebbe continuare per molto tempo, con un limite costituito solo dalla fantasia e dalla creatività umana.

Da una rete di sensori progettata con intelligenza si può ricavare non più una semplice istantanea una tantum delle interazioni di un territorio, ma un film – una sorta di candid camera – del comportamento dinamico della realtà territoriale. Quella mole di dati che, opportunamente analizzata, è la base oggettiva di conoscenza del territorio che può essere utilizzata per programmare le strategie di crescita.
Potrebbe sembrare fantascienza, ma chi ha un minimo di interesse per la materia sa bene che si tratta di progetti già funzionanti da tempo. Giusto per informazione vi rimando a questo pezzo sugli interventi nella cittadina di Santander, che con 180.000 abitanti non è erto un paesino, e che grandemente beneficia dei risultati ottenuti da questo approccio tecnologico.

Chi avrà la pazienza di leggere l’articolo si potrà rendere conto che anche a Santander hanno scelto di affidarsi anche alla rete di sensori umani costituita dai cittadini, come dicevo in piccoli passi per il progresso.
Potrebbe sembrare una scelta banale, del tipo tutto fa brodo.
Io credo, invece, che sia una scelta ragionata ed importante: quella di coinvolgere il cittadino. Una smart governance passa inevitabilmente per la scelta di soluzioni in grado di migliorare sia la visibilità del mondo delle istituzioni da parte dei cittadini, come abbiamo visto per gli open data, ma anche di favorirne la loro partecipazione attiva ai processi decisionali.
Senza scomodare le tesi di Olson, a me sembra evidente che coinvolgere i cittadini nella processo di formazione dei  processi decisionali abbia più aspetti positivi, tutti di rilevante importanza.
Da una parte sicuramente contribuisce a colmare il fossato fra il mondo delle istituzioni e quello della cosiddetta società civile – e che tale divario sia oggettivo o percepito è scarsamente rilevanti ai fini del discorso.
Non sono poi assolutamente da trascurare le potenzialità propositive e benefiche che possono essere generate da un brainstorming di livello territoriale.
In ultimo, interazioni di questo tipo possono essere altre fonti di dati di analisi che, aggregate a quelle giò disponibili, possono avere un ruolo importante per costruire processi decisionali condivisi e vincenti.

E’ però abbastanza evidente che sistemi di questo genere funzionano se le condizioni al contorno sono quelle giuste. Sono una persona pragmatica e do per scontato che in una smart city non vi siano spazi per la corruzione, per le attività di casta – come raccomandazioni o nepotismo – e che i meccanismi premianti siano strettamente basati sulla qualità degli individui su base assolutamente meritocratica. Forse vale la pena di tenere a mente il principio di Peter e considerare che gli stessi effetti nefasti si ottengono quando si scavalca, per qualsiasi ragione questo avvenga, il meccanismo della competenza.
La verità di fondo è che le città sono state fatte ed esistono per le persone, per i cittadini, e che tutto ruota intorno a loro. Ed in una smart city il ruolo centrale è proprio costituito dagli Smart citizens.

(segue)

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