C’era una volta… anzi c’è!
O, meglio ancora, potrebbe esserci
un piccolo paesino di montagna…
L’incipit di Aggiungi un posto a tavola, la celeberrima commedia di Garinei, Giovannini e Jaja Fiastri, sembra scritto ad hoc per introdurre il nostro racconto: la cronaca di un evento che, nel bene e nel male, ha portato un soffio di notorietà in una terra che ha sempre sofferto per l’isolamento, sia fisico che culturale, che la geomorfologia del nostro territorio ha imposto alle sue genti.
Sicuramente non è un fatto che non merita uno spazio nei libri di Storia, quelli con la ‘S’ maiuscola, ma dal mio punto di vista è comunque uno spaccato di vita vissuta che racconta una comunità che oggi non esiste più, travolta – come è stata – dalle trasformazioni degli anni ’60 e ’70. Mi piace, quindi, raccontarlo per come lo conosco – è accaduto prima della mia nascita – chiedendo venia di probabili inesattezze, perché credo sia utile per tutti noi, e per le generazioni a venire, cercare di non smarrire nel dimenticatoio frammenti comunque significativi della nostra vita di tutti i giorni.
La nostra storia si svolge a Potenza, alla fine del 1957. Una città morfologicamente molto diversa da come appare oggi, in cui la stragrande maggioranza della comunità era concentrata all’interno della cinta murata – quello che oggi chiamiamo Centro Storico – e dove nessuno vedeva di buon occhio l’idea di trasferirsi nei quartieri periferici, lontani – fisicamente e culturalmente – dal cuore della vita cittadina.
Ma era una città molto diversa anche sul piano culturale, fortemente accomunata dal senso del campanile e straordinariamente legata alle sue tradizioni. A me piace pensare che questo attaccamento possa essere una reazione a due mali atavici della nostra terra: una offerta culturale che all’epoca era ancora decisamente modesta e l’isolamento marcato, che continua ad affliggerci anche oggi nell’era del villaggio globale. Alla fine degli anni ’50 spostarsi era una impresa – il mezzo più veloce rimaneva il treno (che, invero, aveva tempi di percorrenza pressoché identici a quelli attuali), mentre la televisione era ancora ai suoi primi vagiti. A Potenza la copertura era a macchia di leopardo, dato che il segnale arrivava da lontano – dall’impianto di Monte Caccia in Puglia, mentre la programmazione dell’unico canale era molto modesta.
La risposta degli italiani al fenomeno TV era però entusiastica, simboleggiata dall’icona di quel momento, il Lascia o raddoppia? di Mike Buongiorno che non richiede commenti di sorta. Ed è proprio nel 1957 che sbarca sugli schermi TV un programma destinato negli anni successivi a monopolizzare l’interesse degli italiani: Voci e volti della fortuna, che dall’anno successivo sarebbe stato ribattezzato Canzonissima.
Nel riadattare alla TV il format della trasmissione radiofonica le Canzoni della fortuna del ’56, abbinata alla Lotteria di Capodanno ed imperniata su una gara canora, viene lanciata una competizione fra squadre di dilettanti in rappresentanza delle regioni italiane. Ogni regione avrebbe designato, attraverso sfide locali, un rappresentante regionale da abbinare ad un cantante nazionale, costituendo la squadra che avrebbe poi rappresentato la regione alla gara canora. Per votare, i telespettatori inviavano la famosa cartolina, abbinata al biglietto della lotteria. Le otto squadre più votate avrebbero preso parte alla finale, una trasmissione destinata a diventare il tradizionale appuntamento televisivo del sei di gennaio per molti anni a venire.
Anche nella nostra regione furono in tanti a raccogliere il guanto, ed a Potenza l’idea di gareggiare stimolò i membri del Circolo Amici dell’Arte, una nutrita compagnia filodrammatica che già nel primo dopoguerra era impegnata nella conservazione delle tradizioni nostrane.
Passate le prime selezioni, la fase che oggi chiameremo casting, il primo appuntamento ufficiale è per il 18 Novembre, con la diretta dal Teatro Stabile di Potenza. Il Tempo ne da riscontro il giorno successivo nella pagina locale.
Quattro i concorrenti a contendersi il posto per la semifinale, che si sarebbe svolta a dicembre negli studi della Capitale: il gruppo musicale materano “Hot” con la cantante potentina Lucia de Benedictis, il coro CIF-ENAL di Matera, il fisarmonicista Antonio Cervellino di Oppido, e il coro del Circolo Amici dell’Arte di Potenza. Nell’edizione de il Tempo del giorno dopo viene dato risalto all’evento.
Ma, ahimè, i tempi tecnici di quei tempi impedivano tempestività nella cronaca degli eventi. Anche se all’epoca gli articoli di giornale viaggiavano fuori sacco, venivano cioè consegnati e ritirati direttamente in stazione e quindi saltando la fase della distribuzione, sarebbe stato impossibile fare giungere un resoconto completo alla sedi dei giornali che avevano una pagina locale, a Roma e a Napoli, in tempo per la composizione.
Le aspettative erano molto alte, forse troppo, e furono deluse dalla dinamica degli eventi. Stressati dalla disciplina ferrea delle dirette televisive, specie in quegli anni in cui per realizzarle erano necessari grossi sforzi sotto il profilo tecnico, i nostri concittadini si indignarono per una manifesta disparità di trattamento – sia in termini di tempi che di risorse – fra la Basilicata e la Toscana, le due regioni in gara. Penalizzazione che ritenevano si estendesse anche alla gestione della trasmissione da parte del presentatore, Silvio Noto, personaggio molto famoso in quegli anni, che essendo barese di nascita – e quindi culturalmente vicino alla nostra regione – si riteneva dovesse spendersi in modo più efficace e convinto per promuovere la regione.
I primi echi di questo disagio riecheggiano dalle pagine de il Mattino e de il Messaggero del 22 a firma di Rosario Martorano
“Una esibizione raffazzonata chiusa nel tempo a millimetri, in cui la impossibilità di esprimersi degli artisti nostri si è incontrata con la più sentita indignazione del pubblico, sia del teatro, che incollato presso i televisori dappertutto sparsi in città, finanche agli incroci delle vie. Se a questo si aggiunge un allestimento scenografico del teatro, veramente pietoso, effettuato dalla RAI, si ha l’esatta impressione del fallimento di una manifestazione vivamente attesa.”
Più diplomatico nel complesso, ma altrettanto poco dolce di sale nel dettaglio, è Gino Coviello dalle pagine del il Tempo:
“dobbiamo dire che non ci sono piaciuti alcuni scherzi verbali di Silvio Noto, che ci è sembrato eccessivamente dimentico della propria origine meridionale per credersi autorizzato a certi apprezzamenti – come quello relativo a Monticchio – che mai si sarebbe sognato di pronunciare, ad esempio, a Firenze”
Dalle colonne de il Roma Garramone ironizza invece sulle ragioni tecniche, la giustificazione per tutte le disparità lamentate, ma nel frattempo sposta la polemica ad un piano più alto.
Ma la miccia è accesa, e alle amarezze per il trattamento e le teorie complottiste si sommano anche quelle derivanti dalla annosa contrapposizione di campanile fra Potenza e Matera, dove ci si chiede perchè la trasmissione sia stata programmata al teatro Stabile e non al Duni, più spazioso e capiente. Anche in questo caso le ragioni addotte sono di ordine tecnico, ma nella disputa vengono chiamati in causa anche gli onorevoli Emilio Colombo, all’epoca ministro della Agricoltura, e Claudio Merenda.
Un chiarimento della situazione arriva pochi giorni dopo, il 27, in una lunga lettera del direttivo del Circolo Amici dell’Arte, pubblicata sulle pagine de il Roma:
E’ evidente, sia dall’abbondanza del materiale giornalistico, sia dai toni usati da una stampa che in quegli anni era estremamente più formale di quella a cui siamo abituati oggi, quanto interesse e partecipazione la competizione avesse suscitato nei nostri concittadini.
Comunque i giochi erano fatti, forse una occasione era stata sprecata – o forse, si sarebbe potuta giocare meglio – ma bisognava guardare al futuro ed ai risultati del voto sancito dal numero delle cartoline inviate
vincitore risulta il coro potentino, con 4.285 preferenze
l’appuntamento è ora per il 21 dicembre, per le semifinali che si terranno negli studi di Roma, dove il gruppo intende esibirsi con un lavoro originale, focalizzato sulla nostra regione: Il sogno della pastorella, coro folkloristico sceneggiato.
Esauriente, al riguardo, è il volantino di presentazione del lavoro, che testimonia direttamente quanto folta fosse la nostra rappresentanza.
Era ovviamente evidente quanto le possibilità per la nostra regione fossero flebili: è il voto popolare a decretare i vincitori, e la nostra regione da questo punto di vista è sempre stata sfavorita. Ma nonostante ciò il gruppo è agguerrito, e l’impegno è totale.
E’ però noto che tenacia e dedizione non bastano, da sole, a garantire il risultato.
La serata in diretta degli studi romani della Rai del 21 dicembre suggella per il gruppo potentino l’esperienza di Voci e volti della fortuna. Purtroppo non senza l’immancabile scia di polemiche dovute, in questo caso, ad un presunto disinteresse da parte delle autorità cittadine.
Cala quindi il sipario su questa breve, ma certamente intensa e vivace esperienza, e termina qui la nostra storia: un piccolo episodio di vita cittadina, ma che credo valga la pena preservare dall’oblio.