Smart environment

di | 10 Settembre 2013

smart-citiessegue da smart mobility.

Il punto successivo da considerare nel processo di trasformazione di una città è l’ambiente. E’ più che evidente che, di tutti i parametri, è quello più immediatamente comprensibile. Credo che si tratti, inoltre, anche di quello che è più vicino alla sensibilità individuale di ogni cittadino.

Come è possibile approcciare il problema dell’ambiente in modo ‘smart’?

Non si tratta di interventi di nicchia: verso l’ambiente si deve pensare a 360 gradi. Le attività spaziano dalla gestione del fabbisogno energetico, al controllo dell’inquinamento, alla gestione dei rifiuti, per finire con il concetto più universalmente conosciuto della protezione della natura.

C’è da dire che un sostegno a questi processi viene fornito dagli interventi che si possono realizzare sul tema della smart mobility, come abbiamo già visto. In effetti, proseguendo nella carrellata ci renderemo conto che molte delle aree interagiscono fra loro in modo sinergico, convergendo verso il più ampio concetto di smart city. Dei piani di trasporto efficienti, implementati mediante l’uso di mezzi di trasporto ad alta tecnologia, possono produrre significativi effetti sia sulla qualità dell’aria che su altre forme di inquinamento – come quello acustico, giusto per citarne uno.

Tutto il comparto energetico può fornire un grande contributo alla causa. Intervenendo sul miglioramento dell’efficienza termica degli edifici e passando a tecnologie di climatizzazione più efficienti – come le pompe di calore – si può ridurre significativamente l’inquinamento da climatizzazione, che spesso viene erroneamente considerato trascurabile. D’altro canto è la direzione presa dal governo con gli incentivi denominati ecobonus.

Sempre in campo energetico, un’altra area su cui si può intervenire è quella della pubblica illuminazione. La tecnologia delle lampade LED, che oramai è da considerarsi matura, non solo consente di ridurre significativamente il consumo di energia a parità di luminosità prodotta, ma avendo una vita media molto più lunga delle lampade tradizionali (parliamo di  50.000 ore contro le 12.000 di una lampada al sodio) hanno anche un minor costo di manutenzione per sostituzione. Ma c’è di più: le lampade a scarica di gas usate per l’illuminazione pubblica non possono modulare la luce prodotta, e richiedono tempi molto lunghi al momento dell’accensione per fornire il livello di luminosità nominale. La tecnologia LED è invece istantanea e modulabile e si presta a realizzare, con una certa semplicità, sistemi che sono in grado di reagire alla presenza di pedoni e di auto. Attraverso questi meccanismi è possibile avere livelli di illuminazione diversi quando la strada è deserta  – ed è quindi sufficiente avere una illuminazione leggera e, quindi, economica – o quando è trafficata ed è necessario avere una intensità di luce ottimale. Con sistemi di questo tipo si eliminano sia gli sprechi che i sacrifici.

Gli stessi concetti sono applicabili alle cosiddette smart grid, le reti di distribuzione dell’energia elettrica che sono in grado di reagire dinamicamente in base alle richieste di energia, evitando sia gli sprechi che i sovraccarichi. Nel corso degli ultimi anni, infatti, la situazione della generazione dell’energia è mutata profondamente grazie all’apporto delle energie rinnovabili (fotovoltaico, eolico). La distribuzione, che una volta era essenzialmente unidirezionale è diventata distribuita su tantissimi piccoli produttori. Inoltre le sorgenti rinnovabili non sono programmabili: generano energia solo quando c’è sole o vento. L’impiego di tecnologie avanzate può consentire di migliorare lo sfruttamento di queste risorse, riducendo nel contempo gli sprechi.

Ma il punto principale degli interventi del capitolo smart environment è sicuramente quello sul ciclo dei rifiuti. Da questo punto di vista c’è sicuramente moltissima strada da fare, a partire da una seria raccolta differenziata. Spesso sento parlare di questo argomento solo in termini di bilancio economico. Il problema non è se la raccolta differenziata sia o no economicamente conveniente, ma molto più critico: riciclare è fondamentale, perché le risorse del pianeta non sono infinite. Certo, la situazione non è (ancora) catastrofica come quella descritta negli anni ’70 da I limiti dello sviluppo. Ma non è più lecito continuare ad agire con la disinvoltura che ci ha contraddistinto negli ultimi dieci lustri. La vivibilità di un territorio dipende in maniera significativa dalla qualità del ciclo dei rifiuti, che deve essere tarato per minimizzare gli sprechi, massimizzare la qualità della differenziazione, ottimizzando sia i meccanismi di recupero delle materie prime utili che dello smaltimento dei prodotti inquinanti.

In merito a questo leggo spesso di soluzioni iper-tecnologiche, ma ho i miei dubbi che gli smart dumpsters siano di utilità reale. Credo, invece, che il problema sia – più banalmente – culturale: per costruire un sistema funzionante è fondamentale la collaborazione attiva delle persone – gli Smart Citizen che vedremo più avanti nel discorso. La necessità e la convenienza di implementare, mantenere e sostenere un ciclo virtuoso dei rifiuti deve essere compresa e digerita dalla popolazione. Non è un compito semplice, perché vincere l’inerzia richiede forza, fatica e tempo. Ma ci sono strategie, vincenti e sperimentate, che possono avere un benefico effetto didattico. Basta cercare in rete per trovarne tante: io ne riporto giusto una. Ma bisogna agire, delineare strategie, testarle e metterle in pratica, quando prima possibile.

En passant: è ovvio che in tutto questo ambito le tecnologie ICT fungono da collante. Ma per quanto riguarda l’ambiente, il grosso della responsabilità è affidata quotidianamente ad ognuno di noi.

(segue)

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